30 anni di Macintosh ( io 28…)

Chi oggi dice che gli Apple costano tanto non ha un’idea di quanto costassero allora. Il mio primo Macintosh l’ho preso nell’86, il tempo fisiologico dei media di allora per capire che era uscita una cosa in America nell’84 più almeno 6 mesi per decidermi alla spesa. Fattore decisivo? Lavoravo già su Pc IBM a fosfori verdi o ambra su sfondo nero, di quelli che si accendevano mettendo una stringa di testo. Il Macintosh era nero su bianco come un foglio nella macchina per scrivere, era bello da vedersi e coccolarsi e scriverci sopra era come scrivere con le dita su un vetro appannato: passavi le dita e cancellavi e ricominciavi. Però era un vetro più una macchina per scrivere. Aveva una memoria di 128k, tutto, sistema operativo e software per la scrittura, stava su un dischetto, il mouse scivolava su una pallina di gomma appesantita e toccato oggi dà la stessa sensazione di certi oggetti di modernariato. Oggi un qualsiasi cellulare smart fa, al confronto, cose da fantascienza. Il mio Macintosh, rispetto alle macchine per scrivere elettriche (io l’avevo preso soprattutto per scrivere), faceva cose da fantascienza. Molti anni dopo scoprii che volendo si poteva anche collegare in rete, ma non c’era propriamente la rete. Adesso lo tengo in libreria come certi una volta ci mettevano la testa del leone impagliato. Questo non è neanche un blog di hitech, ma un blog di nostalgia per trent’anni di Macintosh. Che poi il team che aveva lasciato la sua firma all’interno dello chassis (che non si può aprire senza cacciavite speciale) usasse la bandiera pirata per distinguersi dal resto di Apple, (loro i pirati capitanati da Jobs, Apple la Marina), l’ho saputo dopo. Comunque oggi vado sul personale. Questo è il suo ritratto. Fatto a mano in omaggio alla macchina.

Occhio al Google Glass!

 

Google Glass è in arrivo e comincia a spaventare. Portarsi un computer sopra l’occhio destro, comodissimo per aver- come dire- dati, indirizzi, chiamate, mail, percorsi e traduzioni sott’occhio, può essere letto anche come un’intrusione della privacy, come fonte di distrazione pericolosa e persino come intrusione illegale ai fini del copyright. Per esempio, a Columbus Ohio, mentre stava guardando Jack Ryan: Shadow Recruit (film che in effetti può far sorgere sospetti: è di spionaggio), un signore coi Google Glass (un Explorer, cioè uno che parte del programma di test volontario) è stato fermato dagli addetti antipirateria che l’hanno consegnato  a federali che sostenevano che non era in arresto ma in volontaria deposizione e gli contestavano di stare copiando il film attraverso la telecamerina del Google Glass. Due problemi: l’uomo portava occhiali da vista con Google Glass (1500 dollari il device, 600 le lenti da vista: non poteva farne a meno…), Google Glass era spento. Vabbé, è finita che gli han fatto tante scuse e gli han dato 4 biglietti del cinema omaggio. Però un altro portatore di Google Glass invece è stato accusato di guidare guardando un film e multato dalla stradale. La notizia da FoxNews, dal Dispatch di Columbus e da Torrentfreak

 

 

 

 

Il sol (e il software) dell’avvenire

La Cina si è sganciata dall’obbligo del figlio unico ma forse abbraccerà il software unico. Si chiama COS, China Operating System, è supportato dalle autorità, può servire ai computer ai tablet, ai cellulari e alla tv, non è ancora obbligatorio, ma sta per venire lanciato per contrastare i software occidentali, e per evitare che gli occidentali ficchino il naso nelle comunicazioni cinesi. La motivazione ufficiale comunque è che il COS avrebbe caratteristiche che superano quelle degli equivalenti occidentali che sono o troppo chiusi o troppo poco sicuri, o addirittura già pronti per spiare. Non sara un software open source e qualcuno ha già malignato che con un software così il governo cinese non avrà bisogno di hackerare niente, gli basterà ascoltare. Non che noi stiamo meglio, a sentire Snowden, tutti spiano tutti, ma in questo caso i cinesi sono al solito pragmatici. L’ultimo esempio, un po’ terribile, è l’apocalittico tabellone luminoso in piazza Tien An Men, dove nella nebbia da smog veramente intensa, appare il sole che attraverso lo smog non si vede più. E poi anche la scritta edcativa Proteggere l’ambiente atmosferico è responsabilità di ciascuno.

Google ha comprato il termostato

Guardate bene la scritta. La seconda “ O” è un termostato. Google ha comprato il termostato. Che razza di notizia sarebbe? Sarebbe che Google ha comprato per 3 miliardi e 200 milioni di dollari Nest, la compagnia di due ex Apple Tony Fadell e Matt Rogers, cresciuta in maniera eclatante dal 2011 nel campo della domotica. Nest, che sembra quasi uno spin off dell’estetica e della logica Apple, ha in catalogo il termostato che impara dall’esperienza e ultimamente si sta lanciando anche nei rilevatori di fumo. Pare che il software di Nest sia in grado di adeguarsi ai gusti e di imparare dalle abitudini dell’utente e sia l’ideale per l’interconnessione di tutti gli oggetti della casa. Con che cosa? Con i cellulari. Con questa annessione Google letteralmente entra nella casa di tutti gli americani che hanno già un Nest, il prossimo passo è la casa smart.

Lucidate l’hard disk

Chissà se è un segno della forbice della crisi che si divarica sempre più tra bisogni e sfizi, o se è una una logica come quella automobilistica per recuperare dai clienti premium quello che non può arrivare dai clienti standard, ma mentre le società di analisi come Gartner e Idc ci dicono che la vendita dei computer è scesa ai livelli del 2009 (con la sola curiosità di Apple, che per Idc scende e per Gartner sale, ma i risultati definitivi ci saranno a fine gennaio), ecco che Lacie, che da sempre è attenta al design, mette in vendita una palla d’argento da 1 tera, insomma un hard disk sferoidale,  Sphere, in argento trattato da un artigiano Christofle con tanto di di filmato d’accompagnamento sulle fasi dalla fusione all’assemblaggio. 390 euro, USB 3.0 , luce azzurra alla base. Interessanti le reazioni  del pubblico, ecco un po’ di link da leggere in calce agli articoli di Tom’s Hardware The Verge  e Engadget . Il più divertente dei commenti su The Verge: si chiede chi sia il vampiro che ha fatto la foto senza apparire riflesso nello still life…

Il gorilla contro il microbo

Tutto quello che è smart si tocca con le dita e va vicino alla bocca e alle orecchie, poi magari si presta: prima o poi doveva venire in mente a qualcuno che uno smartphone diventa portatore di virus non elettronici, così la Corning, la casa che produce il Gorilla Glass a prova di colpi e di graffi, adesso ne ha fatto uno a prova di microbi, il primo vetro antimicrobico registrato EPA (a norme dell’Agenzia Americana dell’Ambiente). Il segreto? È un vetro all’argento e l’argento ha proprietà sterilizzanti. Anzi la descrizione che ne fa la casa è persino un po’ angosciante: previene la formazione di alghe muffe funghi e batteri. Ovviamente non verrà usato solo per gli smartphone. Questo significa che adesso potrete chiedere il cellulare in prestito anche a chi starnuta o non si lava spesso le mani? Leggere bene le avvertenze sotto la manina nella figura: le proprietà antimicrobiche proteggono le superfici touch da odori e macchie causate da batteri. Corning non dichiara in maniera diretta o implicita di proteggere gli utenti…

http://www.corninggorillaglass.com/Antimicrobial

Mi fotografo o ti odio: quindi esisto

James Franco è stato incoronato re dei selfie, cioè si scatta tante fotografie col cellulare a tutte le ore del giorno: è un attore, è di gradevole aspetto, fa il suo mestiere, farsi vedere, in un tempo in cui tutti vogliono farsi vedere e tutti guardano tutti (il social presuppone l’autoscatto). L’Oxford Dictionary ha definito selfie parola dell’anno. Perché farsi vedere è Potere. James Franco, super narciso,  l’ha anche detto sul New York Times  e analizzando la sua ossessione per l’autoscatto, ha spiegato che una delle cose che va di meno è  l’autoscatto con poesia. E avverte: posta una foto con una tua poesia e vedrai con che velocità il popolo di Internet diventa critico (di poesia)  e ti scrive ti odio devi morire. Questa è l’altra faccia del narcisismo. Lasciamo stare la moda dell’autoscatto, è una moda. Anche il papa si autoscatta e twitta. Sa che è Potere. Parliamo dell’altra moda diffusa: quella del devi morire. Internet in questo fine anno sembra una gigantesca mail minatoria: un politico denuncia altri politici e i suoi fedeli prontamente si incaricano di fare minacce di morte su Internet. Una ragazza dice che la ricerca sugli animali le ha salvato la vita e la risposta più gentile è che era meglio se moriva da piccola invece di far del male a poveri animali indifesi. Internet sembra abitata da aspiranti assassini idioti, che godono a trollare in gruppo (non ho niente da dire, esisto solo se ti aggredisco, crepa e soffri). Chissà se dipende dal fatto che di solito stanno dietro un soprannome, o nel caso dei più gentili selfie, un avatar, come dice Franco. Ma è la logica del teppismo in gruppo: picchio anch’io tanto siamo tanti e la responsabilità è diffusa, liquida, i lividi non hanno indirizzo. Il problema è che poi qualcuno ci prende gusto e firma con nome e cognome minacce e insulti. Se poi scappa la mano ai politici e a quelli famosi la frittata è multipla. Accontentatevi delle foto. Prendete esempio dai selfie. L’odio non è obbligatorio per far sapere che esistete.

Nel futuro sommergibili bestiali

 

I sommergibili del futuro somiglieranno forse a grossi pesci per le leggi della idrodinamica, ma avranno lo sprint del pinguino imperatore, l’andamento volante della razza e la spinta a jet del polipo. Il pinguino imperatore, la pinna del pinguino la emula il professor Flavio Noca in un’università svizzera, utilizzando un pinna meccanica che ruota su un giunto sferico; la razza e le sue turbolenze subacquee la copiano due ricercatori delle università di Buffalo e Harvard, e il sistema a idrojet del polipo lo studiano al Fraunhofer Institut in Germania. Di tutto e di più qui su Fast Company. Nota bene: quello nell’immagine non è un prototipo

Il bosone di Natale

 

È Natale, regalatevi e regalate un Grande Collisore di Adroni. Di cartone. Quei furbacchioni di The Register vi stuzzicano così: vi siete sempre chiesti come hanno fatto a beccare il Bosone di Higgs, ma non riuscite ad andare oltre pagina 5 nelle spiegazioni? C’è il Large Hadron Collider Pop-Up Book, il libro in cartoncino che spiega come funziona l’acceleratore di particelle del CERN e lo fa emergere in simpatiche figurine tridimensionali quando voltate pagina. Da Amazon inghilterra  a 16 sterline e 49 in sconto. Ma, a meno che non sia uno scherzo, c’è la possibilità di vincerlo, scrivendo a bparnell@sitpub.com una breve storia (in inglese) piena di dettagli quasi scientifici in cui o uno scienziato pazzo si impadronisce dell’acceleratore di particelle e mette a rischio l’universo, o un supereroe emerge da un incidente al CERN.

 

Mi son fatto l’aeroplanino…

Piegate l’aeroplanino di carta (un foglio A4) attaccateci il musetto col motore collegato al codino coi timoni mobili e l’elica, potete anche non alitare sulla punta (prima dell’avvento dell’elettronica serviva…), lanciatelo, pilotatelo con l’apposita app dello smartphone per una decina di minuti in un raggio di 55 metri. Evoluzioni garantite anche a quelli a cui non volava mai. Si chiama PowerUp 3.0  e su Kickstarter , il sito di iniziative da finanziare in crowdfunding, cercava 50 mila dollari e ne ha tirati su già 500 mila e rotti. Più di 9000 piloti di aeroplanini soddisfatti dalla pensata geniale di Shai Goiten, che insegnava aerodinamica nelle scuole popolari a New York. Potete partire da un dollaro e salire col finanziamento fino a 5000 se volete diventare intimi dell’inventore, ma con 40 dollari, nel 2014, vi portate a casa l’aeroplano, il motorino, la app e una sana regressione all’infanzia via internet.